TINA MONTINARO INCONTRA GLI ALUNNI DELLA SCUOLA “CECCO ANGIOLIERI”

“Nella vita non c’è niente di più bello di camminare a testa alta”.
Queste sono le parole che più e più volte ha ripetuto Tina Montinaro durante l’incontro con le alunne e gli alunni delle seconde e terze della Scuola Secondaria di Primo Grado “Cecco Angiolieri” tenutosi il 10 gennaio 2024 nella palestra dell’istituto e organizzato grazie alla collaborazione con la Libreria Mondadori di Siena.

Tina Montinaro è la moglie dell’agente di Polizia Antonio Montinaro, capo scorta di Giovanni Falcone, morto insieme a lui nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, e autrice del libro “Non ci avete fatto niente”, edito a maggio dell’anno scorso da DeAgostini, che i ragazzi hanno letto durante i primi mesi di scuola.
Un incontro emozionante, potente, commovente durante il quale la signora Montinaro ha raccontato di suo marito, un uomo coraggioso, entusiasta del suo lavoro e devoto a Giovanni Falcone e allo Stato, della loro famiglia spezzata troppo presto (al momento dell’attentato i due figli avevano rispettivamente 4 anni e 21 mesi) e di se stessa e del suo impegno che ogni giorno porta avanti per mantenere viva la memoria di Antonio Montinaro e di tutte le vittime della strage di Capaci.
La signora Montinaro ha iniziato raccontando dal principio: l’infanzia del marito nel piccolo paese natale di Calimera, vicino Lecce, la sua scelta, una volta entrato in Polizia, di farsi trasferire a Palermo, all’ufficio scorte, durante il Maxiprocesso e del loro incontro nel capoluogo siciliano, che in poco tempo li ha portati al matrimonio e alla nascita dei due figli, Gaetano e Giovanni, la decisione di Antonio di cambiare il turno il 23 maggio 1992 per andare a prendere Giovanni Falcone e Francesca Morvillo in aeroporto, le ultime parole che si sono scambiati velocemente al telefono (“a che ora torni?” “non lo so”), la telefonata di un’amica che l’avvertiva dell’attentato, le ore passate in Questura in attesa di informazioni (che non potevano darle, perché non trovavano la macchina, dato che l’esplosione aveva fatto volare l’automobile dall’altra parte della carreggiata), l’arrivo in ospedale e la notizia della morte del marito. Una volta Antonio le aveva detto: “di me non resterà più nulla” e così è stato. Quando muore a causa dell’esplosione dei 500kg di tritolo usati per la strage di Capaci, Antonio Montinaro non ha compiuto neanche 30 anni.
Tina Montinaro si è trovata sola a dover crescere i due figli, ma ha deciso di non lasciare Palermo, perché ha sempre sostenuto che non erano loro a doversene andare, a doversi vergognare, e quindi decide di restare prendendo parte attivamente alla lotta alla mafia. 
Ha fondato l’associazione “Quarto Savona Quindici” (dal nome in codice della scorta di Giovanni Falcone) con la quale porta avanti la memoria di quanto successo il 23 maggio 1992 con numerose iniziative, tra cui portare nelle città italiane i rottami dell’automobile su cui quel giorno viaggiavano gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifano e Rocco Dicillo, i progetti nelle carceri minorili, gli incontri con gli studenti delle scuole e con gli allievi delle scuole di Polizia e la coltivazione degli ulivi nel Giardino della Memoria istituito vicino al luogo della strage, il cui olio viene inviato in tutte le chiese italiane per la somministrazione dei sacramenti.

Tantissime le domande che i ragazzi hanno posto alla signora Montinaro, la quale ha risposto con franchezza e sincerità, mostrando al tempo stesso la parte più delicata e più determinata di sé.
Alla domanda, per esempio, su che cosa farebbe se potesse tornare indietro, ha risposto che non cambierebbe nemmeno un giorno della sua vita, perché il sacrificio del marito non solo permette a lei e ai suoi figli di essere orgogliosi di lui, ma anche di camminare a testa alta; del resto, ha aggiunto, non si è mai sentita una vedova, perché parlando del marito ogni giorno, lo sente sempre vicino a sé e se avesse l’occasione di rivederlo per una volta sola, ha concluso, vorrebbe solo dirgli “grazie”.
I ragazzi le hanno anche chiesto se avesse paura o se ne avesse mai avuta e la signora Montinaro ha risposto che il marito le ha insegnato che ciò che conta non è quanto a lungo si vive, ma come lo si fa, sempre con correttezza e decidendo da che parte stare, per questo ha esortato i ragazzi a non essere mai indifferenti su ciò che accade intorno a loro, di non rimanere mai in silenzio, di porre domande su ciò che succede, di prendere le parti del più debole e di guadagnarsi il loro futuro, di non lasciarselo rubare dai mafiosi moderni (uomini istruiti che forse non fanno più saltare in aria le persone, ma che, proprio perché lavorano nell’ombra, sono forse più pericolosi che mai) né di scegliere strade che possano sembrare più semplici ma che non permettano di conservare la propria libertà.
Delle studentesse hanno poi chiesto come ha vissuto e vive il suo dolore e dove ha trovato la forza di esporsi così tanto nel perseguire la legalità e la memoria e lei ha risposto che la molla è scattata quando si è resa conto che si parlava sempre della strage di Capaci facendo riferimento solo a Giovanni Falcone, ma mai agli uomini della scorta e per questo ha sentito il dovere di fare la sua parte, stesso motivo per cui a maggio ha deciso di pubblicare il suo libro, che, ha affermato, non le è costato alcuna fatica scrivere, perché non ha dovuto fare nient’altro che raccontare ciò che ha vissuto in prima persona.
Una lezione di legalità e di vita preziosa per i ragazzi, che sicuramente non dimenticheranno mai le parole schiette e dense di significato di una donna come Tina Montinaro, la quale ha vissuto sulla propria pelle e continua a vivere cosa significa “lotta alla mafia”.

Dopo un incontro con il questore e il prefetto di Siena, nel pomeriggio, grazie alla prof.ssa Maura Di Raimo, la signora Montinaro ha potuto visitare la basilica di San Domenico e le reliquie di Santa Caterina sotto la guida della dott.ssa Franca Piccini, Priore generale dell’Associazione Internazionale dei Caterinati, e il museo della Contrada del Drago, accompagnata da Claudio Rossi. 
Rimasta colpita dalle bellezze della città e dall’entusiasmo e l’attenzione con cui l’hanno accolta le nostre studentesse e i nostri studenti, Tina Montinaro si è ripromessa di tornare presto a Siena insieme alla Quarto Savona Quindici.